La mostra sarà occasione di apprezzare il talento cristallino del Beato Angelico come pittore narrativo, nell’inscenare gli episodi salienti della vita del vescovo di Mira, San Nicola, Patrono della città di Lecco.

Il culto di San Nicola
Nei decenni cruciali che segnarono il passaggio del cristianesimo dalle persecuzioni di Diocleziano alla sua ufficializzazione a religione imperiale con Costantino, Nicola incarnò un paradigma di virtù cristiane quali l’umiltà, la mitezza, l’amore per la povertà, la caritas.
Al suo culto si sovrappose, fino a fondersi con esso, quello per l’omonimo – ma meno noto – Nicola di Sion, vescovo di Pinara (pure in Asia minore), vissuto nel VI secolo.
La proverbiale generosità di san Nicola, resa emblematica tra gli altri dall’episodio in cui il santo, ancora giovane, dotò tre fanciulle povere salvandole dalla prostituzione, è alla base non solo del suo distintivo attributo iconografico, i tre sacchetti di monete d’oro – alias tre palle, o monete, o anche mele (come nella tradizione lecchese) –, ma della sua successiva metamorfosi come Santa Claus / Ded Moroz (Nonno Gelo) / Babbo Natale, il popolarissimo portatore di doni ai bambini nella ricorrenza della Natività di Gesù, favorita dalla straordinaria diffusione del culto – con connessa proliferazione iconografica – per l’episcopus puerorum (il vescovo dei fanciulli) nel medioevo cristiano e oltre, dall’Oriente bizantino alla Russia ortodossa, dal Mediterraneo occidentale all’Europa settentrionale fino al Nord America.
Patrono di Lecco e Bari
La traslazione delle spoglie del santo taumaturgo a Bari, alla fine dell’XI secolo, e della manna (il myron che le aveva preservate, essudante dal sepolcro) a Lecco, lo ha reso il veneratissimo patrono di entrambe le città: venerato anche in qualità di protettore di marinai e naviganti, per il miracoloso salvataggio di una nave dal naufragio durante una tempesta marina, episodio raffigurato in una delle predelle dell’Angelico, in due comunità storicamente vocate al rapporto con le acque (marine per Bari, lacustri e fluviali per Lecco).
Varie altre località, tra cui Venezia (a San Niccolò di Lido), Saint-Nicolas-de-Port (in Lorena), Novalesa, custodiscono gelosamente reliquie del santo.

San Nicola impersona, nella sua vicenda biografica e ancor più nella ramificata, quasi bimillenaria diffusione del suo culto di venerato taumaturgo, un “ponte tra Oriente e Occidente”, tra cristianità latina e ortodossa, tra mondo slavo e mondo occidentale: due mondi oggi drammaticamente lacerati dall’invasione russa dell’Ucraina e dal terribile conflitto che ne è seguito.
Se c’è un messaggio che la piccola mostra Capolavoro per Lecco 2022 vuol lanciare è dunque un auspicio, e una preghiera, per la pace, nel nome del santo della carità e dell’Angelicus pictor.
A Lecco sono diverse le immagini di San Nicola visibili a tutti:
- la statua di bronzo nel lago alla punta della Maddalena
- una delle porte in bronzo della Basilica a lui dedicata
- la statua in legno in una cappella di sinistra all’interno della Basilica
- il grande affresco che, nella stessa chiesa, raffigura il santo al Concilio di Nicea dell’anno 325

La statua di San Nicolò in bronzo nel lago alla punta della Maddalena
Realizzata dallo scultore meratese Giuseppe Mozzanica nel 1955, la statua in bronzo di San Nicolò è stata nelle acque del lago a proteggere i naviganti e calmare le tempeste. Questi poteri di san Nicola già suggeriscono il motivo della dedicazione della Basilica, che si trova su un poggio sopra l’attuale piazza Cermenati, il porto commerciale di Lecco, già in epoca medievale. Ma quella piazza, come si sa, era anche piazza del mercato. E San Nicola protegge anche i commercianti.
L’origine di quest’ultima tradizione sta in un’azione, presentata come miracolosa, ma che ha più le caratteristiche di una trattativa finanziaria. Mira era una città commerciale, sottoposta alle tasse da pagare all’inviato dell’imperatore, che pretendeva, anche nel periodo di carestia dell’inizio del 300, la somma di diecimila denari all’anno dalla città. I commercianti si rivolgono a Nicola perché invii una supplica a Costantino imperatore.
Nicola fa molto di più: si mette in viaggio per Bisanzio-Costantinopoli. Ricevuto dall’imperatore, gli espose la situazione: l’eccesso di tasse avrebbe ridotto alla miseria e alla morte il popolo. Costantino chiede a Nicola quale ritenga essere la giusta imposta. Nicola senza esitazione risponde: “Cento denari”. L’imperatore acconsente.
Una delle porte in bronzo della Basilica
Delle tre porte d’ingresso della Basilica che nel 1975 lo scultore Enrico Manfrini realizza, in sostituzione delle originarie, quella di destra raffigura i due santi patroni della città: a sinistra San Nicolò e a destra Santo Stefano.
Sopra l’altorilievo di San Nicolò è raffigurato il gonfalone di Lecco.


La statua di San Nicolò in legno nella cappella dedicata al Santo
Scolpita nel 1912 dagli artigiani del laboratorio milanese Rozzi e Speluzzi, questa statua presenta due elementi fondamentali dell’iconografia di San Nicolò.
Il primo è Il bambino nel catino ai piedi del Santo: è lo stesso San Nicola piccolo che, si narra, ancora in fasce rifiutava di allattarsi al seno della madre il mercoledì e il venerdì, per penitenza, e che, appena nato, quando fu lavato in un catino da una domestica, si alzò in piedi allargando le braccia per onorare Dio.
Il secondo elemento sono le tre sfere d’oro, che sono, da sempre, l’attributo iconografico di San Nicola. Esse rappresentano i tre sacchetti d’oro che San Nicola, ancor giovane e ricco di famiglia, dona ad un vicino di casa che, andato in rovina, non poteva dare la dote matrimoniale alle sue tre giovani figlie.
Le mele di San Nicolò, che è tradizione donare ai bambini il giorno della sua festa, simboleggiano quei sacchetti di monete: già in raffigurazioni di ambiente olandese del XVII secolo della “notte di San Nicola”, si vede che i bambini capricciosi ricevono rametti di legno, mentre quelli buoni hanno giocattoli o mele con una moneta infilata.
San Nicola al Concilio di Nicea con un mattone in mano
La raffigurazione di Luigi Morgari, affresco del 1925, ritrae San Nicola al Concilio di Nicea.
Convocato e presieduto da Costantino imperatore, nel 325, il Concilio doveva decidere sulla data certa della Pasqua in tutto l’Impero e porre fine alle discordie sulla natura della Trinità.
Il sacerdote Ario di Alessandria d’Egitto sosteneva che solo il Padre è veramente Dio, mentre il Figlio non è eterno, è nato nel tempo: prima di essere creato dal Padre non esisteva.
La reazione di San Nicola a queste affermazioni è descritta in due episodi davvero leggendari.
Il primo: Nicola, sentito Ario bestemmiare contro il dogma della Trinità, si alza, lo raggiunge e gli assesta un forte schiaffo. Il secondo consiste in un miracolo, che pare un gioco di prestigio: preso in mano un mattone, Nicola spiega che a comporlo sono terra, acqua e fuoco, ma questo non contraddice il fatto che il mattone esiste come mattone.
Lo stesso per Padre, Figlio e Spirito Santo, fusi nella Trinità.
Intanto dal mattone sprizza una fiamma, cola dell’acqua e, in mano al santo, rimane la terra cruda. Nell’affresco scorgiamo anche l’imperatore Costantino in trono e un diavolo, l’eresia di Ario, che compie una capriola all’indietro precipitando verso l’Inferno.
