
Nato ad Albino in una famiglia benestante, il giovane per qualche ragione è mandato a bottega a Brescia da Alessandro Bonvicino detto il Moretto, del quale copia alcune figure in disegni che si sono conservati, con la data 1543.
Lo troviamo a Trento in occasione del Concilio con opere collocabili tra il 1545 e il 1548, forse perché il Moretto, ormai anziano, aveva inviato il suo miglior allievo quale ritrattista presso l’importante consesso.
Negli anni cinquanta del secolo egli diviene il pittore raffinato e originale che realizza indimenticabili figure di nobiluomini in piedi, a figura intera, in costumi sgargianti e di spettacolare eleganza.

Nel contempo anche la produzione sacra, pur meno suggestiva, tocca alcuni risultati di alto livello.
Dal 1561 circa si assiste al contrario a un diradarsi della attività di ritrattista, mentre acquista spazio la realizzazione di opere sacre, spesso per chiese della provincia di Bergamo.
Questa sorta di ritiro in un contesto più locale attorno al paese natale di Albino è da mettere in relazione probabilmente con la caduta in disgrazia di alcune famiglia aristocratiche – in particolare i Grumelli – che erano state le sue sostenitrici in precedenza.

Solo negli anni settanta si vede una sua nuova attività come ritrattista, tutta giocata ormai su toni molto sobri di grigi e di neri, trattati con eccezionale maestria.
Anche la pittura sacra di quest’ultimo decennio di attività pare imporsi criteri di estremo rigore, probabilmente in conseguenza della diffusione dei nuovi dettami controriformati e in particolare in relazione alla fervente attività dell’arcivescovo Carlo Borromeo nella diocesi milanese.
